“Il gusto delle cose” Un inno alla gastronomia francese

Presentato al Festival di Cannes, dove ha vinto il Premio per la Miglior Regia, e candidato dalla Francia per la corsa al Premio Oscar, il film è ambientato nella Francia di fine ‘800.
L’impeccabile cuoca Eugénie (Juliette Binoche) lavora da oltre vent’anni per il famoso gastronomo Dodin (Benoît Magimel). Il loro sodalizio dà vita a piatti, uno più delizioso dell’altro, che stupiscono anche gli chef più illustri del mondo. Con il passare del tempo, la pratica della cultura gastronomica e l’ammirazione reciproca si sono trasformate in una relazione sentimentale. Eugenie, però, è affezionata alla sua libertà e non ha mai voluto sposare Dodin. Così, lui decide di fare qualcosa che non ha mai fatto prima: cucinare dei piatti speciali unicamente per lei.
Liberamente ispirato a un romanzo di Marcel Rouff, Trần Anh Hùng, regista de Il profumo della papaya verde (Caméra d’or a Cannes, 1993) e Cyclo (Leone d’oro a Venezia, 1995) in quest’opera fonde appetiti gastronomici e romantici.
Naturalmente l’idea non è di per sé nuova, lo stomaco e il cuore sono da tempo associati al cinema, spesso nel registro della commedia romantica. Ma è nuovo per come è stato raccontato e messo in scena.
Il racconto mescola sequenze di preparazione di piatti elaborati, momenti di conversazioni romantiche e sul tempo che passa, e momenti di convivialità e degustazione condivisi con quattro amici attorno alla tavola, il tutto con un ritmo lento che si prende il tempo di mostrare ogni piccolo passaggio durante la realizzazione delle complesse ricette.
La cucina è al centro del racconto, le lunghe sequenze dedicate alle preparazioni dei succulenti piatti lasciano d’incanto, la direzione fotografica di Jonathan Ricquebourg immerge le numerose scene della cucina del maniero in una luce calda e dorata. L’effetto prodotto è simile a un dipinto a olio che prende vita.
I piatti realizzati nel film e la consulenza per le coreografie in cucina eseguite dai protagonisti sono stati curati dallo Chef stellato Pierre Gagnaire.
Oltre al visivo anche il sonoro coinvolge i sensi dello spettatore, si ha quasi la sensazione di sentire il profumo dei piatti cucinati. Tipica del regista è infatti la narrazione ultra sensoriale, come possiamo ricordare anche ne Il profumo della Papaya verde.
Il regista riesce a realizzare un film ammaliante, dall’atmosfera impressionista, che può essere collegato a tutto un movimento cinematografico che ha messo in risalto le virtù del mestiere dello chef. Un film accattivante, in totale armonia con i suoi personaggi, sicuramente uno dei migliori sul tema della gastronomia, tanto da farci pensare a Il pranzo di Babette (Gabriel Axel, 1987), uno dei capolavori del genere.
Il gusto delle cose ci immerge in una Francia perfettamente immacolata di fine ottocento, coi suoi costumi e le sue regole, riempiendo di delizie gli occhi di chi guarda e stuzzicando le papille gustative. Perché parliamo di alta gastronomia, e il film non può che stimolare l’appetito facendo venire continuamente l’acquolina in bocca. Un consiglio: meglio essere già sazi prima di andare a cinema!

*a cura di Cinzia Zagato

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