Fioretta Mari torna in teatro con Donnacce, la commedia scritta da Gianni Clementi in scena al Teatro Manzoni di Roma dal 25 aprile

Dopo il successo in My fair lady al Sistina e in tournèe in tutta Italia, Fioretta Mari, torna sulle scene con  Donnacce, (25 aprile – 12 maggio) al Teatro Manzoni di Roma. La piece è tratta dalla commedia di Gianni Celementi, mentre la regia è affidata a Luca Pizzurro. Il ruolo della Mari è quello di Tindara; con lei anche Blas Roca Rey e Patrizia Pellegrino.

Donnacce è una pièce in due atti, che vede in scena Tullia e Tindara giocare sulla diversità dei linguaggi e sui modi di vivere diversamente la vita.

Il testo racconta della napoletana Tullia, in arte Sofia Loren, paurosa, senza sogni e illusioni, con i suoi gusti pacchiani e di Tindara, detta Occhibeddi, una visionaria, ingenua e con un italiano storpiato, due prostitute di mezza età che convivono in un appartamento di un palazzo della periferia romana, dividendo l’affitto.

Le due, per l’età e per la crisi di un mercato ormai governato da rampanti ragazze dell’est e trans brasiliani, hanno deciso di andare in pensione e sono in procinto di partire in aereo per una settimana a Sharm El Sheik.

Proprio quando le due “peripatetiche” stanno preparando le valigie, discutono del loro peso e contenuto ed attendono chi le accompagni in aeroporto, ecco l’imprevisto: un uomo seminudo, con indosso calze a rete e il volto coperto da una maschera sadomaso, precipita nel loro balconcino e da quel momento i loro progetti cambiano.

L’uomo chiede aiuto per uscir fuori da una difficile situazione, si rivela come un importante personaggio pubblico, dialoga, ammalia, convince le due donne ad aiutarlo a fuggire, promettendo una grossa somma di denaro ed una indimenticabile vacanza in un resort alle Barbados, con tanto di fuoristrada a disposizione.

Il secondo atto è un interessante confronto tra la semplicità di Tullia e Tindara, con il loro linguaggio popolare e spontaneo e il comportamento freddo e calcolatore del noto personaggio pubblico che poi manipola, raggira, tra soldi e discorsi, le due ingenue donne, raccontando dei suoi pantaloni da 33mila euro, dei suoi “servi sciocchi”, della sua solitudine, del suo bisogno di affetto, ostentando la sua superiorità economica e sociale, facendone sfoggio ed impiegando termini che le due donne capiscono a stento. 

Alla fine, l’uomo usa Tullia e Tindara per il raggiungimento del suo scopo e le due sempliciotte,  pagheranno a caro prezzo la loro ingenuità popolare nel voler aiutare quel noto personaggio arrivato in casa loro con tanto di maschera.
Nella commedia, battute, gag, telefoni che squillano con suonerie vivaci, come Rose Rosse di Massimo Ranieri e Tomorrow di Amanda Lear .

Note di regia (Luca Pizzurro)

“La piece è  incentrata sulla spontaneità e la generosità popolare contrapposta alle maschere, false, del perbenismo, dei benpensanti, la commedia “Donnacce” del commediografo romano Gianni ClementiLa grande comicità del testo non è mai sopra le righe -spiega il regista. La risata scaturisce spontaneamente, senza forzature e sembra ricordarci, ancora una volta, che non esiste comicità senza una buona dose di verità. Il testo affronta le tematiche dei nostri tempi, utilizzando un taglio comico e amaro, nel raccontare storie di vita reale. E stavolta si sofferma sui due volti della nostra società, quello popolare, ingenuo, spontaneo (rappresentato dalle due simpatiche “donnacce”) e quello colto, fine ma falso, con tanto di maschera dell’arroganza e del doppio gioco (rappresentato dall’uomo pubblico di classe che inganna tutti per arrivare al suo scopo. Perché non esiste anche il dispregiativo “Omacci”?.

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