Gli spiriti dell’isola | La recensione del film candidato a 9 premi Oscar

Ambientato nel 1923, periodo in cui in Irlanda infuriava la Guerra Civile, su un’isola remota al largo della costa occidentale dell’Irlanda, Gli Spiriti dell’Isola (The Banshees of Inisherin) racconta la storia di due amici di una vita, Pádraic (Colin Farrell) e Colm (Brendan Gleeson), che si ritrovano in un vicolo cieco quando Colm pone fine alla loro amicizia in modo brusco. Uno sbalordito Pádraic, aiutato dalla sorella Siobhán (Kerry Condon) e dal
giovane Dominic (Barry Keoghan), si sforza di ricostruire la loro relazione, non accettando i continui rifiuti del suo amico di lunga data. Ma i ripetuti sforzi di Pádraic non fanno altro che rafforzare la determinazione dell’ex amico e quando Colm lancia un ultimatum disperato, gli eventi precipitano rapidamente con conseguenze scioccanti.
Il regista Martin McDonagh (Tre manifesti a Ebbing, Missouri) riunisce Colin Farrell e Brendan Gleeson, coppia che aveva già funzionato perfettamente nella sua opera prima In Bruges – La coscienza dell’assassino, e, a cavallo tra commedia e dramma, tratteggia unasingolare parabola su un’amicizia che si sgretola, su una piccola isola tanto bella quanto isolata, mostrandoci un piccolo conflitto che ne riflette uno molto più grande come la guerra.
Gli spiriti dell’isola è stato presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2022 dove ha vinto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione per Colin Farrell e il Premio Osella per la Migliore sceneggiatura. Vincitore di tre Golden Globe, il film è ora candidato ai Premi Oscar con ben 9 candidature.
Se il film è per lo più tragico, sa anche essere abbastanza divertente e strappare sorrisi. A volte è quasi strano ridere durante un film di Martin McDonagh, le sue storie sono esilaranti, con citazioni memorabili, eppure profondamente tristi.
Quasi sospesa nel tempo, tagliata fuori dal mondo esterno, l’immaginaria isola di Inisherin fa da osservatore esterno alla guerra che si svolge aldilà del mare. La vita, come la morte, scorre placidamente, finché la piccola comunità isolana sperimenta improvvisamente qualcosa di emozionante: la fine di un’amicizia. Succede così bruscamente che è devastante, soprattutto per Pádraic, uomo semplice e ingenuo.
McDonagh riflette su questa amicizia che affonda evocando un conflitto più grande che sembra non voler finire mai. Gli sguardi pesanti, inquietanti e preoccupati di Gleeson e Farrell sono al servizio di un sorprendente tempo comico e drammatico. Anche se a tratti il film sembra una commedia, è sul lato tragico che il film affonderà sempre più in profondità. La pellicola parla principalmente del rapporto tra le persone. Tra amici, tra fratelli e sorelle, tra padre e figlio, tra persone della stessa comunità isolata, e anche tra umani e animali.
È un film molto più complesso di quanto sembri, alla lettura generale vanno aggiunte le riflessioni sulla natura umana, di carattere più intimo, che nascono spontanee dall’amicizia ferita: cosa significa essere una brava persona, quali aspetti della vita ci arricchiscono e ci fanno prosperare, cosa vogliamo come individui, cosa chiediamo alle nostre relazioni sociali…
Cosa ci unisce? Non c’è un’unica risposta, non tutti vogliono ricevere e dare la stessa cosa. Non siamo tutti sensibili alle stesse storie, alla stessa musica, alle stesse discussioni.
McDonagh riesce sempre a portare debolezza umana, crudeltà e violenza esplicita in storie all’apparenza semplici. Mentre tutto il paese li osserva, tra indifferente e divertito, questi due uomini continuano a farsi del male a vicenda.
Per quanto concerne la parte tecnica, il film possiede un montaggio eccellente e molto dinamico che aiuta a far apprezzare meglio la fotografia e a far brillare la regia. Oltre alla partitura basata sui suoni del folklore nativo di quella zona dell’Eire. Uno dei punti di forza de Gli Spiriti dell’Isola è il luogo in cui si svolge la storia: la forza dei paesaggi è tale che si potrebbe ben dire che compongano un personaggio in più.

Divertente, inquietante e commovente, il film scava tanto nell’assurdità del suo brillante concetto quanto nella tormentata psiche dei suoi personaggi.
Con il suo consueto cinismo e senso della tragedia, Martin McDonagh racconta una favolosa storia di solitudine, disperazione e passare del tempo raccontando la crisi esistenziale di due individui con aspirazioni opposte, mettendo in discussione l’assurdità della vita, l’interesse delle relazioni umane e il ruolo di ognuno.

  • a cura di Cinzia Zagato

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